Poeti e Novellieri Contemporanei 2011
Poeti e Novellieri Contemporanei 2011
Pensiero critico di Alessandro Mancuso
I versi dal respiro ampio e suadente, le riflessioni ora esplicite ed ora suggerite, gli accenni a situazioni narrative cosparse in lampi intermittenti che disegnano una o più storie e collegano tra loro i fili del pensiero, teso alla conquista di un mistero del tempo, delle stagioni, del fluire della vita da cogliere o anche soltanto osservare, con lo stupore cantato in parole scelte con cura, con una musica dentro che pare accompagnare chi legge; è la cifra poetica di Piero Simoni, o meglio, ciò che maggiormente colpisce il lettore della sua opera, il quale si trova da subito avvolto in un'atmosfera precisa - sublime quella iniziale della "posta centrale", emergenza del ricordo che vale una basilica, un monumento pagano che approda alla sacralità grazie all'immagine-memoria della madre - semplice ma affascinante punto di partenza, trampolino di lancio per il pensiero, per la rimembranza, per il sogno.
all'ufficio postale centrale per sbrigare faccende
all'ufficio postale centrale per sbrigare faccende
quello in cui mi portavi quando ero piccolo
a spedire te messaggi alla casa lontana
rimasto un po' come era marmoreo e incolonnato
la stessa panca e gli scrittoi all'aria di antico
non vi è più il grande tavolo a vetro
non ci sei più tu madre da tempo andata
né io son quello che con le penne a pennino e i fogli telegrafi
faceva nell'attesa esercizio di scrittura
son altro fra gente nuova ora
atmosfera diversa in un mondo a quello lontano
certifico con l'attuale presenza la mia infantile partenza
non v'è negli anni trascorsi lo slancio all'avvenire
il filo che lega alle stelle del firmamento
il mio solitario aquilone
è gioia terrena è consumo del nostro inganno
fragile movimento in tempo che tutto brucia
manca al suolo la sicura aderenza
quello in cui mi portavi quando ero piccolo
a spedire te messaggi alla casa lontana
rimasto un po' come era marmoreo e incolonnato
la stessa panca e gli scrittoi all'aria di antico
non vi è più il grande tavolo a vetro
non ci sei più tu madre da tempo andata
né io son quello che con le penne a pennino e i fogli telegrafi
faceva nell'attesa esercizio di scrittura
son altro fra gente nuova ora
atmosfera diversa in un mondo a quello lontano
certifico con l'attuale presenza la mia infantile partenza
non v'è negli anni trascorsi lo slancio all'avvenire
il filo che lega alle stelle del firmamento
il mio solitario aquilone
è gioia terrena è consumo del nostro inganno
fragile movimento in tempo che tutto brucia
manca al suolo la sicura aderenza
dovresti te che dall'aldilà tutto vedi
dirmi se davvero qualcosa ci fa migliori
al nostro incedere quotidiano articolato
guidar dal mistero il figlio alla luce che consola
sfiorar come allora le mie ciglia
indorar di baci le mie guance
orientar carezzando la chioma svanita
dentro il petto il pianto muto
dovresti madre cogliere il mio lamento
e del cielo infinito dirmi che è vero
di là dal silenzio che si sente ritrovare in una unica comunione
le anime fra loro gemelle nella meraviglia dell'universo
cellula che torna ai primordi della sua esistenza
armonia segreta donde era venuta
il filo che in alto sorvola e alle stelle del firmamento lega
dirmi se davvero qualcosa ci fa migliori
al nostro incedere quotidiano articolato
guidar dal mistero il figlio alla luce che consola
sfiorar come allora le mie ciglia
indorar di baci le mie guance
orientar carezzando la chioma svanita
dentro il petto il pianto muto
dovresti madre cogliere il mio lamento
e del cielo infinito dirmi che è vero
di là dal silenzio che si sente ritrovare in una unica comunione
le anime fra loro gemelle nella meraviglia dell'universo
cellula che torna ai primordi della sua esistenza
armonia segreta donde era venuta
il filo che in alto sorvola e alle stelle del firmamento lega
le nuvole giganti che guardi nipote
le nuvole giganti che guardi nipote
cariche di mille un milione di secchi di pioggia
innalzano l'acqua a Pienza fino a quarantatre metri
per la gioia di bimbi che con le ciambelle giocano
tuffandosi dal campanile più alto
anche gli adulti con loro al principio fanno festa
poi al tramonto volendo mangiare e dormire
non sapendo come fare si disperano
solo un bimbo per magia
allungato con la maglietta arancione
i capelli lunghi e il tuo nome
è capace di liberare i paesani dall'alluvione
mandando l'acqua in giusta dose a Cantù
che per le terre intorno ne avevano bisogno
cariche di mille un milione di secchi di pioggia
innalzano l'acqua a Pienza fino a quarantatre metri
per la gioia di bimbi che con le ciambelle giocano
tuffandosi dal campanile più alto
anche gli adulti con loro al principio fanno festa
poi al tramonto volendo mangiare e dormire
non sapendo come fare si disperano
solo un bimbo per magia
allungato con la maglietta arancione
i capelli lunghi e il tuo nome
è capace di liberare i paesani dall'alluvione
mandando l'acqua in giusta dose a Cantù
che per le terre intorno ne avevano bisogno
gioco verbale fino all'ennesimo ripetuto
nei nostri viaggi al paese della macchina prigionieri
io il nonno novelliere tu il piccolo
di fantasia e pazienza illimitata ad ascoltare
nei nostri viaggi al paese della macchina prigionieri
io il nonno novelliere tu il piccolo
di fantasia e pazienza illimitata ad ascoltare
le nuvole maestosamente disegnate
nel cielo infinito e nella mia solitudine canuta
liberano uno squarcio di luce la sera
per chi come me lo sguardo in alto pone
in prestito la maglietta arancione
i capelli lunghi e il tuo nome
a cercar nel pertugio del filo la continuità
per far volare in alto il mio aquilone
e rendere il ritorno un gioioso momento
agli astri dell'universo confuso
in armonia con l'infinito di promessa conchiuso
nel cielo infinito e nella mia solitudine canuta
liberano uno squarcio di luce la sera
per chi come me lo sguardo in alto pone
in prestito la maglietta arancione
i capelli lunghi e il tuo nome
a cercar nel pertugio del filo la continuità
per far volare in alto il mio aquilone
e rendere il ritorno un gioioso momento
agli astri dell'universo confuso
in armonia con l'infinito di promessa conchiuso
l'ombra di ogni ora
l'ombra di ogni ora
disegna sui viali e sui prati
figure ogni volta mutevoli
più grandi più piccole
in silenzi infiniti
mosse qua e là dalle foglie tracciate
al vento in corsa chiamate
disegna sulle strade asfaltate
fra immobili condomini
con le auto in sosta
la gente ignara correndo
anche la mia ombra sbeffeggiando
facendomi lungo disteso al suolo
o scanalato sugli scalini
sul tronco degli alberi stampato
tondo poi come una palla
e a sparire cancellando
disegna come fanno i piccoli
prendendo a prestito tutta la storia del mondo
per gioco e per atroce inganno
segnando ogni volta il nostro incedere bislacco
scomponendo e arrotolando
via ogni volta portando
per chi non ha tempo e senno
della meraviglia dell'universo
qui da noi già presente
disegna sui viali e sui prati
figure ogni volta mutevoli
più grandi più piccole
in silenzi infiniti
mosse qua e là dalle foglie tracciate
al vento in corsa chiamate
disegna sulle strade asfaltate
fra immobili condomini
con le auto in sosta
la gente ignara correndo
anche la mia ombra sbeffeggiando
facendomi lungo disteso al suolo
o scanalato sugli scalini
sul tronco degli alberi stampato
tondo poi come una palla
e a sparire cancellando
disegna come fanno i piccoli
prendendo a prestito tutta la storia del mondo
per gioco e per atroce inganno
segnando ogni volta il nostro incedere bislacco
scomponendo e arrotolando
via ogni volta portando
per chi non ha tempo e senno
della meraviglia dell'universo
qui da noi già presente
al profumo d'alloro
al profumo d'alloro
si svegliano gli alberi del parco
uno ad uno aprendo i rami
guardandosi intorno
i lecci e i tigli
i platani l'ippocastano le querce
al sole di fine settembre
che già ha il timbro dell'autunno
sfiorano i raggi ogni tronco
la chioma fluente colorando
accendendo di lume
le foglie qua e là nascoste
sui prati il disegno delle ombre
alla guazza che l'erba invigorisce
brillando
un silenzio d'oro
che par baciar il mondo intero
si svegliano gli alberi del parco
uno ad uno aprendo i rami
guardandosi intorno
i lecci e i tigli
i platani l'ippocastano le querce
al sole di fine settembre
che già ha il timbro dell'autunno
sfiorano i raggi ogni tronco
la chioma fluente colorando
accendendo di lume
le foglie qua e là nascoste
sui prati il disegno delle ombre
alla guazza che l'erba invigorisce
brillando
un silenzio d'oro
che par baciar il mondo intero
al profumo del giorno
ti svegli al mattino
aprendo le braccia
guardandoti intorno
l'amore di una vira accanto
al sole di fine settembre
che già ha il timbro dell'autunno
sfiorano i raggi ogni chioma
illuminando del giorno i pensieri
i colori intorno distinti
al fresco del mattino
un silenzio ancora prima del rombo
una luce che pare baciar il mondo intero
te che ogni dì apri gli occhi
e scopri di meraviglia qui in terra
le gioie del firmamento
ti svegli al mattino
aprendo le braccia
guardandoti intorno
l'amore di una vira accanto
al sole di fine settembre
che già ha il timbro dell'autunno
sfiorano i raggi ogni chioma
illuminando del giorno i pensieri
i colori intorno distinti
al fresco del mattino
un silenzio ancora prima del rombo
una luce che pare baciar il mondo intero
te che ogni dì apri gli occhi
e scopri di meraviglia qui in terra
le gioie del firmamento
si fermano gli oggetti al paese
si fermano gli oggetti al paese
là dove li abbiamo lasciati
gli orologi dopo un vano ticchettio
nel silenzio delle ore dei giorni
in attesa del nostro ritorno
periodica sosta nella stagione buona
ogni volta tutto poi riprende
con noi che par rimettere in piedi una orchestra
di suoni di colori di odori
in lieta partecipazione al fluire delle ore
qui in luogo quieto
di evasione all'ingorgo perpetrato
qui in silenzio
a scandire il tempo che fa pensamento
in un mondo terreno e in un altro
il ritrovamento
altri gli stessi oggetti muoveranno
altri daranno vita al teatro del nostro passaggio
in nuove armonie di suoni
nel tempo che segue
nella stessa meraviglia di vallata
eguale verde al cielo con nuvole confuso
beltà di sogno che l'anima fiorisce
noi animiamo gli oggetti
fermi là dove li abbiamo lasciati
l'umore dell'aria dalle finestre i muri intorno
le vie brevi e strette dei nostri incontri
alla luce del sole che tutto risplende
teatro del nostro familiare passaggio
là dove li abbiamo lasciati
gli orologi dopo un vano ticchettio
nel silenzio delle ore dei giorni
in attesa del nostro ritorno
periodica sosta nella stagione buona
ogni volta tutto poi riprende
con noi che par rimettere in piedi una orchestra
di suoni di colori di odori
in lieta partecipazione al fluire delle ore
qui in luogo quieto
di evasione all'ingorgo perpetrato
qui in silenzio
a scandire il tempo che fa pensamento
in un mondo terreno e in un altro
il ritrovamento
altri gli stessi oggetti muoveranno
altri daranno vita al teatro del nostro passaggio
in nuove armonie di suoni
nel tempo che segue
nella stessa meraviglia di vallata
eguale verde al cielo con nuvole confuso
beltà di sogno che l'anima fiorisce
noi animiamo gli oggetti
fermi là dove li abbiamo lasciati
l'umore dell'aria dalle finestre i muri intorno
le vie brevi e strette dei nostri incontri
alla luce del sole che tutto risplende
teatro del nostro familiare passaggio