Poesia Postale - novembre 1980

Poesia Postale - novembre 1980










interventi di Anonimo e piero simoni su "Poesia Postale" - novembre 1980




Anonimo


- occorre temporeggiare, l'ironia
della vita consiste in questo, nel
rinviare l'incontro con la morte
di giorno in giorno -

A.  1.10.80









Piero Simoni a Romano


Caro Romano,
rispondo alla tua ultima del 31.10 conseguente al volantino: "MAIL ART contro tutti", con questa lettera intervento.
A prescindere dalla storicità o meno quello che conta è che il fenomeno MAIL ART esiste, merito di Ray Johnson, gliene siamo grati, ma bisogna anche dire che certi fenomeni storici maturano a poco a poco fino a trovare poi una occasione, un nome, per affermarsi.
La Mail Art quindi esiste e sono tutti i mail artisti a sostenerla, a mantenerla in vita con il loro operare. Ovviamente ci sono infiltrati, mitomani, opportunisti, anche figure politicizzate che tendono a fare il loro gioco, ma il grosso, pur con difficoltà, talvolta con scarsa convinzione, professionalità direi, è pulito.
Certo l'Italia non è l'America, ci sono  nel nostro paese forti linee conservatrici su ogni campo, dal sociale al culturale, che impediscono ad un fenomeno come la Mail Art di trovare adeguato spazio.
In questo ritardo, l'Italia non è stata certo fra i primi paesi a far sua, dall'America, la Mail Art, in questa confusione che si è accennato, legata alla problematica tutta italiana, è probabile che certe posizioni, magari nate da uno spirito attivistico, ingenuamente sanatoria, risultino affrettate e forse anche errate.
E' discutibile, ad esempio, il primo punto del volantino là dove dice: "L'arte postale è una rete di cooperazione internazionale fra artisti contro la burocrazia e la mafia dell'arte di stato. E' la...", non ritengo infatti che sia o che debba essere così, io non vado contro la "burocrazia" e la "mafia" di stato, semplicemente la eludo, la ignoro, per dirla con parole "nostre" me ne frego.
Inoltre mi preme dire che senz'altro le mostre, gli incontri servono a noi e a far conoscere al grosso pubblico l'Arte Postale in modo che altri se ne approprino, ma non vorrei che si fraintendesse e cioè, sarebbe un errore non ritenere e praticare specificatamente la Mail Art, ossia quello scambio fra autori e al tempo stesso fruitori che essa è. L'eccesso di esibizioni, e ribadisco l'eccesso perché le esibizioni ci vogliono, servono da impulso, da confronto, per una maturazione collettiva, il partecipare solo se al termine ne scaturisce un catalogo finisce, secondo me, per snaturare l'Arte Postale, perché questo atteggiamento va molto vicino ad una ricerca della propria personale affermazione in termini di vanità. Talvolta questi elementi si fanno promotori di iniziative, adottando metodi selettivi, piuttosto arbitrari, andando a cercare nomi più o meno noti in modo da ingraziarseli e entrare anche loro nel "giro". Stesse figure le quali non si  peritano poi di occupare spazi che non hanno niente di alternativo o di "battere" galleristi o canali che sono le strutture solide dell'organizzazione culturale ufficiale. Ma questi elementi, come dice giustamente Peli, sono destinati ad essere smascherati ed a finire, quindi, bene non prendersela troppo.
Per quanto riguarda il punto cinque, sempre del volantino, eviterei senz'altro di scendere in campo "fisicamente" e di dare lezioni "teoriche". In un Italia che è agli albori del discorso postale nessuno può essere in grado di avere risposte esatte e tali da collocarlo su un piano superiore, né è ammissibile un atteggiamento selettivo. Occorre una dialettica, un confronto sereno, il contributo di tutti, perché è prezioso il bagaglio e la storia di ciascuno.
Devo dire anche che l'Arte Postale oltre ad essere un "gustoso divertimento" è anche un campo dove si può affermare, ognuno, la propria personalità artistica.
Con questo tuttavia non vorrei che facessimo fra di noi una guerra ideologica, la Mail Art italiana ha bisogno del contributo organizzativo di Romano Peli, dello slancio altruistico di Vittore Baroni e di Daniele Ciullini, così come è necessario l'apporto attivistico di Nicola Frangione e Marco Pachetti. Bisognerebbe, da questo episodio, non degenerare, mantenere una responsabilità dialettica affinché il fatto divenga in fine costruttivo, motivo per uno scambio di opinioni intorno alla Mail Art.
Questo secondo il mio parere.

p.s.  7.11.80
p.s.  naturalmente ciao e a risentirci presto




- chi vuole intervenire su questo ed altri argomenti non ha che da spedirmi i suoi materiali -   è richiesta la partecipazione di tutti, anche con poesie, racconti, ecc.. -










Piero Simoni a Angelo Ferracuti


Caro Angelo, ritrovo la tua lettera di qualche mese fa, mentre cerco fra la posta per allestire un nuovo ciclostilato di poesia.
In questa tua  lettera mi offrivi lo spazio in "Raptus" dove avrei dovuto sintetizzare tutte le posizioni dell'area marginale di poesia postale.
Non collaborai e di questo te ne detti tempestiva comunicazione. Il discorso era difficile allora come lo è oggi. Per dare, tuttavia, un contributo, mi provo ora a buttare giù qualcosa.
Alcune linee della "Poesia Postale" le avevo indicate nella prefazione dell'antologia "P.M.P.", ma evidentemente non sono chiare e sufficienti.
Devo dire prima che questa problematica, certamente nuova, si chiarisce e si sviluppa con il concorso di tutti, occorre cioè che a questo dibattito intervengano anche gli altri, perché è necessario proprio il contributo di tutti. Quindi mi aspetto repliche che una volta pubblicato su questo ciclostilato, o sul tuo, daranno adito ad una maggiore discussione e quindi chiarificazione.
La "Poesia Postale" per realizzarsi ha bisogno di due corrispondenti, uno manda e l'altro riceve, e l'operazione naturalmente è reversibile. Più corrispondenti si hanno e maggiore diventa il campo di lavoro e di affermazione di un operatore. Affermazione sta per occasione che si offre per dipanare la propria problematica di uomini.
E' evidente che le cose a questo punto sono molto diverse da come tradizionalmente erano impostate anche nell'alternativa.
Prima un autore mandava i propri lavori ad un editore, piccolo o grande che fosse, e da questo si aspettava, al meglio delle ipotesi, una pubblicazione. C'era quindi questo filo di conduzione, direi a senso unico. E' vero che le pubblicazioni, mi riferisco all'area alternativa, che è quella che ci interessa, venivano poi fatte girare, ma il rapporto non si risolveva che in questi termini. Si facevano anche degli incontri di poesia ai quali molti non accedevano per problemi di spostamento.
Con la "Poesia Postale" invece, oltre a non muoversi, è il "testo" che gira, non è necessario un editore, ognuno gestisce in proprio il suo lavoro; si può mandare il  materiale ad un interlocutore, ma anche coinvolgere dieci, venti e più persone. Quello che conta è che si accetti questo interscambio e che ognuno abbia un indirizzario piuttosto vasto dove poter operare.
I materiali non devono essere esclusivamente poesia, possono essere racconti o argomentazioni che, tuttavia, coinvolgano la poesia.
Che funzione hanno allora le riviste, stante questa nuova situazione?
Le riviste hanno il compito di stimolare questo interscambio, di ricercare nuovi indirizzi, di coinvolgere su temi dati l'operato degli autori, di mantenere vitale una polemica sulla poesia, la sola che gli garantisca una sana vitalità.
Da un anno a questa parte, da quando cioè si è impostato il discorso della poesia postale, ho ricevuto molta posta, diversa per un inserimento negli spazi che io vado stampando e poca per uno scambio, diciamo alla pari. Mi auguro che altri autori, che non stampano, abbiano ricevuto più materiale. Attribuisco questo vizio di partenza ad una errata impostazione del discorso, anch'io, lo ammetto, ho badato poco a stabilire un dialogo con ciascuno autore, mi sono lasciato travolgere da questa esperienza senza riuscire a contenerla e ad inquadrarla. Non vorrei comunque che si fraintendesse, sono felicissimo di ricevere tanto materiale per le mie edizioni, è che ne vorrei altrettanto per una corrispondenza quotidiana.
A questo punto devo ringraziare tutti coloro che mi hanno inviato materiali ed in particolare chi, con molta fiducia, mi ha spedito inediti, gelosamente nascosti da anni, in riposti cassetti.
Come ho già detto in altra occasione questo materiale, a poco a poco, lo pubblicherò. Se si vuole far luce sulla poesia attuale, è necessario leggere e capire quella che immediatamente la precede.
Tornando alla "Poesia Postale" c'è da dire che le cose miglioreranno con il prossimo anno. L'esperienza infatti è un bagaglio positivo che si conquista con il tempo.
Da parte mia cercherò di essere più tempestivo con il ciclostilato, in un certo senso di farlo funzionare di più e di impegnarmi maggiormente nella corrispondenza quotidiana.
V'è da considerare in ogni caso, nell'ambito postale, la dispersione del materiale, gli ingorghi che si hanno nei periodi festivi, tipo il natale, ecc..., con conseguenti ritardi, il periodo estivo che sfilaccia un po' le comunicazioni per via delle ferie e... del caldo.
Lo spazio postale è anche sinonimo di marginalità perché una volta che lo scambio fra corrispondenti è avvenuto esso si è anche esaurito. Non c'è quindi un vasto pubblico, non c'è una critica ad accogliere queste operazioni, non esiste la parola mercato, né la pilotazione delle idee e degli autori per interessi vari. Non ci sono concorsi  né concorsini più o meno falsati, né festival esibizionistici e pubblicitari, non ci sono migliaia di edizioni, né premi, non c'è il "successo", non c'è nulla che assomigli al circuito ufficiale di cultura. C'è invece, nel frastuono di ogni giorno, nel carosello culturale divampante, una strada silente e anonima da percorrere, per propria scelta.
Che tipo di poesia si scambiano i "Postali"?
Ognuno credo deve mandare quello che vuole, non è tanto una questione di linguaggi quanto di veicolazione della poesia. I temi in definitiva non sono sempre gli stessi, quelli cioè inerenti all'uomo  e alla sua esistenzialità?
 Non si può escludere che questa nuova condizione materiale e psicologica di fare poesia, legata ai nuovi tempi, potrebbe dar luogo ad una "nuova" poesia. 
Caro Angelo, l'ho fatta un po' lunga, speriamo che serva a qualcosa. Se vuoi puoi pubblicare questo testo sul prossimo numero di "Raptus", sicuramente ci sono dei lettori di cui non ho l'indirizzo. Anch'io lo pubblicherò sul mio.
Ciao, fatti sentire presto

p.s.   Li,14.11.80