Il clochard e la vita di Enzo Cavaricci


Il clochard e la vita di Enzo Cavaricci, tratta dalla pubblicazione "Premi Letterari" Edizioni E-etCì 2010
Enzo Cavaricci, nato a Pontinia nel 1947
                  Il clochard e la vita
                  A sfridi raccattati da poesie limate
                  - esiguo insieme di versi disuguali-
                  è concesso un logico nesso
                  da memorabile tempo per questa china
                  pur se abusata la parola "amore".

                  Molliche - raccolte da scosse tovaglie
                  da balconi con vista -
                  che conservano ancora (miele e fiele)
                  - stereotipo antagonista - l'antico sapore
                  e profumo di te.

                  Smarrita per sempre (?)
                  la presa di bobina propulsiva.
                  L'eleganza frastornata del clochard
                  Nel blaterare sfatto dell'io occulto.
                  Nel perimetro dell'esistenza
                  l'egemonia dei precari affetti.
                  Inclini al perpetuo moto
                  esordi di incoerenza alla deriva.

                  Arrivederci (chissà) "amica mia"
                  ad altro tempo/ altro spazio
                  ...altra dimensione:
                  ad epilogo diverso
                  condiviso.

 Lo sguardo è rivolto alla vicenda umana, allo spazio che ci circonda, al "perimetro dell'esistenza"; in questa si muovono gli elementi dell'affettività che sono dominanti. Nel testo si avverte l'angoscia di un amore, quello della vita, frustrato, di un sapore colto e poi sfuggito, quasi che non ci fosse stato il tempo, l'occasione per far maturare, sbocciare un evento; ad altro momento, ad altra dimensione, con una conclusione diversa, condivisa, è demandata altra sorte. Nel percorso dei nostri anni, smarrita è l'energia che ci dà il sorriso, quella che ci fa essere in linea, in armonia con la terrena locazione, con lo stesso universo. Cavaricci soffre questa condizione e ce ne trasmette il dolore. La visione dubbiosa sul futuro, la sommessa pena per qualcosa che può non avere consistenza, può non essere nulla, nella precarietà dell'essere, nella deriva dei giorni. Rimane il clochard, il poeta, noi stessi, a sparlare "dell'io occulto", a parlare di se stessi, nel tentativo disperato di fermare la propria immagine, la propria anima nel "perpetuo moto".
Da "balconi con vista" ancora l'antagonismo fra le parti che segna il nostro passaggio di amori e incomprensioni, di riso e pianto, vicenda umana incline alla negatività dell'immagine piuttosto che alla bellezza, all'autenticità dell'originale. Alla poesia, per mano del clochard, che raccatta materiali residuali, in disuso, per strada abbandonati, il compito di dare un "logico nesso", di aiutarci in questo impervio cammino, pur se talvolta abusa di se stessa, del suo compiacimento. Uomini autentici, frequentatori di marciapiedi, gli angoli bui, in dimore di cartone, saranno capaci di restituirci, forse, la giusta presa per riaccendere la luce, seppur virtuale, indicatrice della via.

26 ottobre 2010